Ultimi giorni di gravidanza
Mi trovavo negli ultimi giorni di gravidanza per cui Antonio tornò dalla Germania per restare con me di lì in avanti. Era il primo maggio e trascorremmo una bellissima giornata al mare. Stavo quasi esplodendo nella mia pancia da gravidanza formato maxi. Devo ammettere che non mi sono mai sentita particolarmente bella, in gravidanza e non, ma quel giorno, con quella salopette che delineava perfettamente le mie forme, e probabilmente le ingigantiva ancora di più, mi sentivo sinceramente a mio agio, forse mi piacevo anche un po’. Quel pancione si sarebbe più che dimezzato in pochi giorni, e mi sarebbe mancato.

I giorni passavano e ovviamente mi sentivo stanca, stressata, spossata, ingombrante, insofferente, irritabile, ansiosa, preoccupata, trepidante, felice … e un altro milione e mezzo di stati d’animo e fisici contrastanti tra di loro. Era un tiepido tardo pomeriggio di primavera ormai inoltrata e con Antonio decidemmo di andare al cinema in un centro commerciale alle porte di Roma. Nelle sale davano Fast & Furious 8.
Nonostante stessi per esplodere non potevo perdermi Vin Diesel nei panni di Dominick Toretto, con il suo fascino d’oltre oceano in canotta bianca e capezza al collo. Le poltroncine, stavolta non erano le Savonarola in massello di cipresso. Erano piccole, scomode e a malapena avevano assolto il loro compito di accogliere il mio sedere allargatosi durante i nove mesi di gravidanza. Colpa delle “3 P.” sicuramente. Che fatica trovare una posizione comoda.
Per non parlare poi della pochissima distanza tra la mia poltroncina e quella davanti. Provai 750 000 posizioni per evitare che le mie caviglie diventassero dei cotechini da cuocere a capodanno . Quando finalmente trovai la giusta posizione scorrevano sullo schermo gigante, i titoli di coda.
Finito il film mi venne la brillante idea di comprare un pensierino per la festa della mamma, che ci sarebbe stata due giorni dopo.
Dove andai? In una gioielleria. A che ora? alle 8 di sera. Si, perché dovete sapere che vedemmo lo spettacolo delle 18. Quello in cui ci sei tu e lo sventurato che ti ha accompagnato. Una comitiva di ragazzi appassionati di motori e non solo. E per finire, le adolescenti con gli ormoni alle stelle che urlavano come oche giulive ogni volta che Toretto si sfilava la conotta. Andammo nella gioielleria dunque, di sabato sera, due sere prima della festa della mamma, seppure col pancione al nono mese di gravidanza, a pochissimi giorni dal termine.
Non mi dilungherò ulteriormente su questo particolare, perché se dessi libero sfogo alle parole dovrei dedicare un intero capitolo all’argomento in questione, per cui andrò direttamente alla fine. Volete sapere il morale della favola? Entrai, feci una fila di 30 minuti in piedi e me ne andai pure senza regalo. La commessa che doveva aiutarmi (palesemente neo assunta), non solo non mi si filò minimamente nonostante mi sia passata almeno 400 volte davanti, ignorandomi, ma disse pure che mi avrebbe mandato immediatamente la collega. Sono passati 5 anni e mezzo, la sto ancora aspettando.
Tralasciando la mia follia, suicida prima e quasi omicida poi, me ne andai con palle di fuoco dagli occhi e fulmini tonanti dal c***, (e chi conosce il film Braveheart, sa di cosa stia parlando).
Notte prima del travaglio
Tornata a casa e ingoiato il rospo per non aver potuto comprare un regalo a mia madre mi misi a letto. Il sonno era disturbato. Non riuscivo a dormire per più di 15 minuti continuativi. Mancava davvero poco al parto. In quegli ultimi giorni ero davvero sfinita. Ma non era come le altre volte. Mi sentivo strana e forse cominciavo ad intuire il perché. Andai in bagno, mi alzai per almeno tre volte consecutive. La pipì non finiva più, “che strano pensai”. Mi rimisi a letto. Chiusi gli occhi. Sentii una strana sensazione di umidità all’altezza del bacino, e verso le gambe. “No vabbè mi sono fatta la pipì addosso” pensai.
Ritornai in me e, riflettendo che fossi a fine gravidanza, capii di non essere ritornata improvvisamente la bambina che aveva avuto i normali problemi di controllo sfinterico di 23 anni prima, ma che avessi rotto le acque.
Antonio era al mio fianco e come al solito dormiva pesantemente. Lo chiamai. Sobbalzò e mi intenerì, perché ancora una volta si sentiva giustamente impreparato. Mi disse: “ oddio che devo fare, cioè che facciamo? Vabbè vado a chiamare tua madre”. Sorrisi, era così tenero, e più impaurito di me che non riusciva a connettere. Partimmo alla volta del pronto soccorso.
Ovviamente insieme a noi c’era super mamma Cris, che dal sedile posteriore cominciava con le prime raccomandazioni ed i possibili scenari riguardanti travaglio e parto. Antonio era impietrito. Muto. Guidava meccanicamente e si vedeva che l’intento era quello di mascherare l’ansia, ma all’epoca non gli dissi che fosse palese. Io intanto cominciavo ad avere i primi sporadici doloretti…
Continua al capitolo 5, Travaglio e parto
Torna al capitolo 3, Sensazioni e sintomi
…forse io ero più agitata di voi, ma non potevo darlo a vedere!!!