Storia di uno sfinimento

Non è un caso che siamo riuscite a rimare perfettamente le parole allattamento e svezzamento, con quella
di sfinimento. Va da sé che, se volessimo aggiungerne un’altra, per completare l’en plein, una frase
altrettanto in rima sarebbe:
“… allattamento e svezzamento
storia di uno sfinimento
che porta inevitabilmente all’esaurimento”.






Alcune di voi potrebbero pensare, “se vi sentite così sfinite e/o esaurite che l’avete fatti a fare i figli?”,
oppure , “c’avete pure creato un blog per mamme?” (https://essenzamamma.it/perche-un-blog-per-mamme/ )
Ebbene sì, siamo sempre le “mamme con la crocca in testa” a cui piace raccontarsi in maniera semplicemente vera. (https://essenzamamma.it/chi-siamo/ )
Ovviamente prima di diventare entrambe mamme, non avevamo idea che a volte ci saremmo sentite un
po’ esaurite, un po’ nevrotiche, e altre volte talmente tanto elettriche, che per il nervosismo, se avessero
acceso una miccia, avremmo potuto prendere fuoco.
L’allattamento con latte materno o artificiale e il successivo svezzamento non sono stati semplici da affrontare, dobbiamo essere oneste.
In ogni caso però, la seconda cicogna è già arrivata per una, e per l’altra è in viaggio,
quindi si fa mamme, li allattiamo e svezziamo comunque sti bambini. Magari anche con il vomitino tra i capelli che fa da gel o che si raccoglie negli antiestetici reggi seni dell’allattamento e fa da sparti traffico ai seni.
Inizialmente però, non è stato facile. I seni dolevano. Le ragadi aumentavano. Le perdite di sangue provocate dai
tagli sui capezzoli erano diventate una costante. Abbiamo compreso il dolore provocato dalla mastite
puerperale. Maledetto i nostri capezzoli retrattili perché di assolvere al loro dovere, proprio non
ne volevano sapere. Ci siamo armate di santa pazienza e provato l’inverosimile: le coppette di
silicone e d’argento, le conchiglie raccogli latte, il tira latte e le ventose di ultima generazione per non
stressare troppo i capezzoli e un altro milione e mezzo di strumentari e metodologie varie, tutte
riconducibili all’unica cosa necessaria, “aprire la latteria”.
C’è voluto un po’ di tempo prima di capire come si facesse, perché, come è vero che se si poggia il figlio
appena nato sul petto della mamma e che questi per istinto primordiale trovi il seno, è altrettanto vero
che una donna può inizialmente non sentirsi capace di assolvere all’atto in sé, o comunque riscontrare
difficoltà fisiche o emotive nel farlo.
Ciò per una innumerevole vastità di motivazioni che variano da donna a donna, e che sono tutte
ugualmente comprensibili e indiscutibili.
Terminato l’allattamento
inizia lo svezzamento
un altro indimenticabile momento
di grande cambiamento
soprattutto per la mamma
perché la pappa ogni volta, diventa un dramma.

Regole base dello svezzamento
- “50 litri” di brodo di carota e patata che secondo alcune, devono necessariamente bollire una giornata intera come il ragù della nonna, la domenica;
- tre giorni in cui bisogna proporre al bimbo lo stesso alimento per capire se sia allergico,
- mais e tapioca se stitico o crema di riso se va lento
Una volta introiettate queste regole potete stare un pochino più tranquille, perché dureranno fino al
compimento di un anno, tempo massimo in cui nella dieta del bambino devono essere introdotti tutti
gli alimenti, naturalmente eliminando le creme e introducendo la pastina e alimenti più solidi e consistenti.
“Io non vi ho mai dato un omogeneizzato comprato” (non che fosse sbagliato ovviamente), ci diceva nostra
madre, per cui se c’era riuscita lei senza particolari problemi 25/30 anni prima, noi con l’avvento della
tecnologia uh potevamo diventare chef stellate.
Ci siamo prodigate così tanto per i nostri figli con omogeneizzati fatti in casa che quando arrivava il
momento della pappa non vedevamo l’ora di vedere la loro faccia felice e soddisfatta … beh nemmeno
il giudizio del severissimo trio Cannavacciuolo/Barberi/Cracco sarebbe stato così spietato se paragonato
alla faccia
disgustata dei nostri bimbi. O gli “sputazzamenti” vari che creavano un bel quadro di Picasso sulle nostre
facce.
Le mani perennemente infilate nel piatto e poi una bella passata tra i capelli e la pappa fatta in casa preparata con tanta cura e amore, finiva dappertutto, tranne che nei loro stomaci.
E come dimenticare le volte in cui accidentalmente gli andava per traverso.
Che Dio ce ne scampi e liberi, se ci si trova a cena dai propri genitori.
Quando capitava a noi, nostra madre urlava talmente tanto che metteva sottovuoto la stanza.
Nostro padre invece, cuor di leone, era accovacciato in un angolo che piangeva,
mentre allertava la guardia forestale, medica, nazionale e pure l’elisoccorso alpino.
E noi con uno scatto felino facevamo un balzo volante di 2 m per arrivare da nostro figlio e in una frazione
di secondo gli avevamo disostruito le vie aeree e persi pure 10 anni di vita per la paura.
Insomma è tutto molto faticoso, ma anche estremamente divertente, perché contornato da momenti
esilaranti in cui i nostri figli si trasformano in veri e propri baby attori comici.
Sgridarli diventa quasi impossibile, anche se il piatto della pappa ce l’hanno per cappello e svuotano il
biberon dell’acqua, nei rimasugli di mais e tapioca sopra il seggiolone. Acqua e crema, creano una sorta di
calce viva, che non va via nemmeno con mazzetta e scalpello, ma è più facile che ci trasformiamo nella
bella lavanderina e puliamo tutto in men che non si dica, piuttosto che arrabbiarci perché niente vale di più
di un momento divertente insieme ai nostri bimbi.

